Perché cercate tra i morti colui che è vivo?

“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?” – Gesù di Nazareth

Per tutta la mia vita ho faticato nella continua, vana ricerca di qualcosa che potesse rendere almeno in parte salda la mia esistenza, un solido punto di partenza. Certe volte lo facevo consapevolmente, altre volte – me ne resi conto più tardi – inconsciamente. Da bambino, questa ricerca trovava appagante rifugio negli affetti famigliari e nelle amicizie, almeno fino al momento in cui entrambi manifestarono i propri limiti. Passai allora alle cose, alle collezioni, ai giochi, ai passatempi, alla lettura, ai film, fino quando arrivai alla musica – nella quale mi immersi totalmente, adorandone gli idoli: vivi o morti che fossero. Non c’era nulla da subire, da accettare per forza nella musica, c’era solo da scegliere, da acquistare e note con cui appagare la propria malinconica vita. Ma nemmeno questo bastava. Il Signore stava paziente, più vicino a me di chiunque altro, tanto vicino che la mia vista, sempre puntata a cose lontane, irraggiungibili e per questo capaci di dare motivazioni e stimoli a lungo termine, ove potersi perdere soavemente, non lo percepiva affatto. Se ne stava così vicino che il mio cuore, capace solo di vagabondare alla cieca ricerca della sua voce, e reso incapace dal riconoscerla perché coperto da continue passioni e peccati, non la sentiva. Lui, paziente, attendeva. Non mi avrebbe mai abbandonato, per niente al mondo: lo aveva promesso. Quando mi ritrovai con le spalle al muro, allora mi ricordai di Lui: per sopravvivere, non per amore. E pregai. Non mandò niente e nessuno a castigarmi – più di quanto il mio peccato era stato capace di fare – ma nella sua misericordia mi concedette la più celeste e la più amorevole delle creature: Maria, intenerita dal cuore perennemente angosciato di una madre che contempla i propri figli dirigersi di corsa, sorridendo, verso il precipizio. Nemmeno questo bastò a convinvere il mio cuore, duro come pochi, ma il loro amore sovrastava tutte le cose. Continuò a chiamarmi ed io lo sentivo, ogni giorno, e mi chiedevo cosa mai avrei dovuto o potuto fare. Lui aspettava ancora, sempre paziente, di gridare il mio nome ancora più forte, aprofittando in particolare dei momenti di sconforto in cui, forse, avrei accolto più facilmente la voce di chi mi offriva Salvezza, conforto e pace, perchè mi conosceva bene, il mio Creatore. Ave, Maria.
[...] nessuno può in questa vita appagare pienamente i suoi desideri, né alcuna cosa creata è in grado di colmare le aspirazioni dell’uomo. Solo Dio può saziarlo, anzi andare molto al di là, fino all’infinito. Per questo le brame dell’uomo si appagano solo in Dio, secondo quanto dice Agostino: «Ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore è senza pace fino a quando non riposa in te».
I santi, nella patria, possederanno perfettamente Dio. Ne segue che giungeranno all’apice di ogni loro desiderio e che la loro gloria sarà superiore a quanto speravano. Per questo dice il Signore: «Prendi parte alla gioia del tuo padrone» (Mt 25, 21); e Agostino aggiunge: «Tutta la gioia non entrerà nei beati, ma tutti i beati entreranno nella gioia. Mi sazierò quando apparirà la tua gloria»; ed anche: «Egli sazia di beni il tuo desiderio». Tutto quello che può procurare felicità, là è presente ed in sommo grado. Se si cercano godimenti, là ci sarà il massimo e più assoluto godimento, perché si tratta del bene supremo, cioè di Dio: «Dolcezza senza fine alla tua destra» (Sal 15, 11).
Dalle «Conferenze» di san Tommaso d’Aquino, sacerdote.

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